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Qualificazione dell'infarto quale malattia ovvero quale infortunio

Con la sentenza emessa in data 18.07.2023 il Tribunale di Treviso interviene nella dibattuta questione relativa alla qualificazione dell’infarto quale malattia ovvero quale infortunio, nell’ambito delle polizze private.

La vicenda

L’assicurato, vittima di infarto, chiedeva al Tribunale di condannare la propria garante Compagnia Assicurativa, assistita dallo Studio Legale Arbia, a pagare l’indennizzo di polizza, previo accertamento del riconoscimento di una invalidità permanente di entità sicuramente molto importante e tale da precludergli di esercitare ulteriormente la propria attività professionale. In via istruttoria, l’assicurato chiedeva di disporsi CTU medico-legale volta a verificare lo stato e il grado di invalidità quale conseguenza dell’infarto, qualificato come infortunio, anche in relazione all’eventuale ostatività delle condizioni fisiche all’esercizio dell’attività professionale svolta.

L’assicurato riferiva di essere stato ricoverato in unità coronarica dell’Ospedale per un infarto miocardico sub-acuto antero-settale, con varie complicazioni. Il paziente veniva dimesso solo all’esito della conclusione della terapia di riabilitazione cardiologica. L’attore lamentava, in ragione del precario stato di salute, di essere stato costretto ad interrompere la propria attività lavorativa e ad anticipare il pensionamento.

L’assicurato denunciava la propria patologia alla Compagnia di Assicurazioni, qualificandola come infortunio, in quanto caratterizzato da un’azione rapida e concentrata nel tempo, che agisce dall’esterno verso l’interno dell’organismo dell’infortunato, sì da comportare le alterazioni che determinano l’infortunio. La causa esterna e violenta che agisce con rapidità ed intensità, da ricollegarsi alle specifiche condizioni ambientali e professionali eccedenti la normale tollerabilità, concretante l’ipotesi di infortunio, veniva individuata nello straordinario sforzo lavorativo e nel conseguente stress cui è stato sottoposto l’assicurato. 

Nel costituirsi in giudizio, la Compagnia di assicurazioni ha contestato il fondamento della pretesa avversaria, rilevando come l’invalidità permanente parziale ex adverso lamentata derivasse da Malattia e non da infortunio. Secondo la Compagnia l’evento non poteva essere inquadrato nell’ipotesi di infortunio, mancando i presupposti specifici indicati in polizza nella sussistenza di un “evento occorso all’assicurato dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna”, diversamente dalle malattie che si manifestano in tempi più lunghi. L’aver sopportato l’asserito “stress lavorativo”, non può certo definirsi evento “fortuito”, essendo all’evidenza prevedibile, a fronte delle condizioni lavorative note e preannunciate, l’esigenza di sopportare un incremento di lavoro, con inevitabile, conseguente affaticamento. Veniva inoltre negata l’esistenza del requisito della “violenza”, intesa come concentrazione temporale, poiché l’evento aveva interessato un periodo temporale protrattosi a lungo. Nelle more del giudizio, peraltro, la Compagnia aveva corrisposto l’indennizzo dovuto per l’invalidità permanente derivante da malattia.

La Decisione

Il Tribunale premette che il testo della polizza azionata definisce come “malattia” ogni alterazione patologica dello stato di salute, che causi l’impossibilità dell’Assicurato di “prestare la propria opera”, mentre l’”infortunio” viene descritto come l’evento occorso all’assicurato dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche obiettivamente constatabili, che abbiano per conseguenza l’effettivo impedimento per l’assicurato a prestare la propria attività professionale. Alla luce di quanto specificato dalla polizza invocata in giudizio, l’evento dell’infarto al miocardio non può essere qualificato come infortunio

Un infarto del miocardio, essendo mancante della componente “esterna”, non può rientrare nella nozione di infortunio. Dunque, l’invalidità conseguente all’infarto improvviso che colpisca l’assicurato non è coperta dalla polizza e non può essere indennizzabile. Non può nemmeno ravvisarsi la causa fortuita (intesa come non prevedibile o inevitabile) e violenta (immediata, concentrata nel tempo), né configurarsi una causa esterna, poiché trattasi di un evento interno all'organismo umano. La pretesa di individuare tale causa esterna nella situazione di stress subita dal professionista nel periodo pre e post natalizio in ragione dell’esigenza di far fronte ad un considerevole, sebbene non imprevisto, aumento del carico lavorativo, non è affatto condivisibile. L’asserito “stress lavorativo” non può definirsi evento “fortuito”, essendo prevedibile che il maggior carico di lavoro avrebbe comportato un inevitabile, conseguente affaticamento per il professionista. Ne può ravvisarsi nell’asserito stress una causa violenta, posto che il lamentato sovraccarico era da considerare conseguenza normale dell’attività lavorativa “incrementata”.

Non è risultata accoglibile nemmeno la richiesta di indennizzo del danno derivante dall’anticipato, forzato pensionamento. Nel caso di specie l’assicurato, all’epoca dei fatti, aveva già raggiunto i 69 anni, ed era quindi in procinto di accedere al pensionamento, a prescindere dalle proprie condizioni di salute, e quindi a prescindere dall’infarto subito.

È risultata inaccoglibile la richiesta di CTU medico legale: lo stato ed il grado di invalidità del ricorrente, infatti, erano già stati oggetto di valutazione collegiale tra i periti nominati dalle parti che, in contraddittorio, hanno concordato le valutazioni in merito alle condizioni di salute dell’assicurato con riferimento ai criteri di polizza. Esplorativa, peraltro, sarebbe stata la perizia del CTU nell’indagare il nesso di causalità tra l’infarto e la cessazione dell’attività professionale, investendo l’analisi di circostanze il cui onere di allegazione è a carico dell’assicurato ed è necessario allegare preventivamente.

Ne segue, pertanto, il rigetto integrale della domanda di indennizzo, con accoglimento delle eccezioni formulate dallo Studio Legale Arbia per conto della Compagnia, con condanna dell’assicurato alla refusione delle spese di lite.

Ogni diritto riservato, con divieto di diffusione.

Studio Legale Arbia

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